CopertinaDILEMMI DELLA BIOETICA

Chiara Lalli

Liguori Editore 2007, pag. 240, euro 17

Spesso sono i bambini a porre le domande più imbarazzanti e più difficili, e sono quasi esclusivamente i bambini a intestardirsi di fronte a un divieto: “perché no?”. Questa è la domanda che tutti dovrebbero formulare in presenza di un divieto. E in mancanza di una valida ragione, il divieto dovrebbe essere considerato illegittimo. Tanto il divieto di uscire a giocare all’imbrunire, quanto quello di ricorrere all’eutanasia o alla fecondazione eterologa. Perché no? Una simile domanda sposta l’onere della prova sulle spalle di quanti desiderano vietare. E prende sul serio un diritto tanto sbandierato quanto poco rispettato: la libertà individuale. Bene prezioso che impone a chi intende limitarne il dominio di giustificare e supportare con argomenti saldi gli impedimenti morali e legali. Nei dibattiti e nei testi normativi che riguardano le questioni bioetiche raramente sono presenti (buoni) argomenti. Ogni volta che si vuole negare o limitare la sperimentazione embrionale o il trasferimento nucleare, il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza o alle tecniche di procreazione assistita, dovrebbe essere necessario rispondere a quella domanda in modo soddisfacente. La differenza rilevante non è rappresentata dall’appartenenza ad una qualche area (bioetica laica e bioetica cattolica), piuttosto nell’essere in grado di offrire valide ragioni.

Indice

Introduzione

I. DECISIONI MORALI

1. Intuizioni morali (questione di metodo)
2. Il bambino affamato e Jack Palance
3. Argomentazioni
4. Il reale e il preferibile
5. Il caso particolare: esempio, illustrazione, modello
6. Fiction e case study
7. Come si analizza un caso

II. ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI (OGM)

1. Il precedente: la ‘mucca pazza’
2. L’encefalopatia spongiforme bovina
3. Il cibo di Frankenstein
4. Agrobusiness: rivoluzione biotecnologia
5. Occidente e Italia
6. Il principio di precauzione

III. ESPIANTO DI ORGANI

1. ‘Tutto su mia madre’
2. Dilemmi correlati: equa distribuzione delle risorse e commercio d’organi
3. Morte cerebrale
4. Il risveglio di Salvatore e il documento del Comitato Nazionale per la Bioetica sull’alimentazione e idratazione artificiali

IV. EUTANASIA

1. L’omicidio impossibile
2. Eutanasia attiva e passiva
3. I punti di vista sul caso di Ezio Forzatti
4. Analisi razionale di pareri autorevoli
5. Sedazione Terminale
6. Il Testamento Biologico (o Direttive Anticipate)

V. EUTANASIA PEDIATRICA

1. Il caso di Luke Winston-Jones: quali dilemmi?
2. Il Protocollo di Groningen
3. Baby Doe
4. Uccidere e lasciar morire
5. La tesi dell’equivalenza

VI. FECONDAZIONE ETEROLOGA

1. I punti di vista: chi subisce un danno?
2. Il divieto di fecondazione eterologa
3. Fecondazione eterologa naturale

VII. IL GENITORE IDEALE

1. La selezione genitoriale della legge 40
2. Il perfetto genitore naturale

VIII. DIAGNOSI GENETICA DI PREIMPIANTO

1. Il piccolo Luca
2. Lo statuto morale dell’embrione
3. La Diagnosi Genetica di Preimpianto e la legge 40
4. Selezione embrionale
5. Una storia semplice (e come tante altre)
6. Cosa succede in Inghilterra nel frattempo: bimbo cancer-free

IX. EUGENETICA

1. Eugenetica positiva e negativa
2. Eutanasia: la morte pietosa
3. Auschwitz: il Blocco 10
4. Esperimenti umani: Josef Mengele

X. IMPLICAZIONI DEL CONFERIMENTO DI DIRITTI ALL’EMBRIONE

1. Alcuni possibili scenari
2. Regina McKnight
3. South Carolina vs Cornelia Whitner
4. L’embrione come persona: Unborn Victims of Violence Act
5. Madre vs embrione
6. Interruzione volontaria di gravidanza
7. Analisi della 194
8. RU486 e pillola del giorno dopo
9. Piastra metafisica: anche l’ootide è una persona

XI. LEGGE E MORALE: IL CASO DELLA LEGGE 40\2004

1. Libertà e coercizione legale
2. Il principio del danno
3. La legge 40 e la clonazione riproduttiva
4. Soppressione di embrioni
5. Selezione eugenetica, sperimentazione e crioconservazione degli embrioni
6. Commercio di gameti e di embrioni e maternità surrogata
7. Embrioni in adozione

XII. TRASFERIMENTO NUCLEARE

1. Dolly: risvolti morali
2. La bambina fotocopia: Eva
3. L’opinione di Mary Warnock
4. Clonazione terapeutica

XIII. BABY M E LA MATERNITÀ SURROGATA

1. La storia della bambina contesa
2. Due casi italiani
3. Analisi degli argomenti contro la maternità surrogata

Bibliografia

Introduzione

Immagino che ogni profondo cambiamento nella vita richieda che si dica «Non ti conosco» a qualcuno.

Philip Roth, La Macchia Umana


Claire Breton ha 27 anni, vive a Parigi e ha scritto un libro sulla sua vita con due mamme. Claire racconta la sua storia, e il suo disagio nel crescere in una famiglia ‘anomala’. Il Foglio la sbatte in prima pagina come fosse la dimostrazione che avere due mamme implica guai e disastri (Cazzo, mia madre, “Il Foglio”, 28 marzo 2006). Claire ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta, quindi (secondo l’accusa) c’è qualcosa che non va nell’essere stata allevata da due mamme, anziché da una con papà annesso. L’equazione “crescere con due madri (lesbiche)” = “avere tanti guai da ricorrere alla psicoterapia” non è che una fragile argomentazione, valida peraltro nel caso particolare di Claire ma difficilmente universalizzabile. Difficile sostenere, quindi, che tutti i bambini cresciuti in una situazione simile abbiano problemi relazionali e esistenziali.
«A Claire sembra “una cosa pazzesca”, visto che ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta, visto che per un sacco di tempo ha temuto di diventare lesbica come le sue madri, visto che non si è mai sentita un’eroina di Almodóvar, e oggi ha scritto un libro per provare a capirci qualcosa temendo, come sempre, la reazione della madre (biologica). Perché non tutti stanno perfettamente in mezzo al casino, e non per tutti c’è il pranzo della domenica sul terrazzo di un film di Ozpetek, stoviglie e vite colorate. “Sognavo di avere una vita banale, quella che hanno tutti”», racconta Claire, «e piangeva davanti alle pubblicità simil Mulino Bianco, mamma papà figli cane insieme a colazione». Una famiglia normale.
Considerato il numero elevato di persone che ricorrono alla psicoterapia, dovremmo inferire che tutte le famiglie di provenienza hanno qualcosa che non va (indipendentemente dalle preferenze sessuali dei genitori e dall’assetto familiare scelto). E sono pronta a scommettere che molte sono quelle famiglie tradizionali che tanto si invocano come baluardo della tranquillità domestica (e non solo). Non è possibile stabilire un nesso causale tra il non avere una ‘vita banale’ e lo scompiglio esistenziale.

Il racconto di Claire potrebbe ‘funzionare’ anche se apportassimo dei cambiamenti.
Marie ha 29 anni, vive a Marsiglia e ha scritto un libro sulla sua vita in una famiglia borghese (è abbastanza normale una famiglia borghese?). Marie racconta la sua storia, e il suo disagio nel crescere in una famiglia ‘normale’. Anche Marie ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta.
«A Marie sembra “una cosa pazzesca”, visto che ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta, visto che per un sacco di tempo ha temuto di diventare borghese e banale come i suoi genitori, visto che non si è mai sentita un’eroina di Buñuel, e oggi ha scritto un libro per provare a capirci qualcosa temendo, come sempre, la reazione della madre (mediocre). Perché non tutti stanno perfettamente in mezzo alla banalità, e non per tutti c’è il pranzo della domenica sul terrazzo di un film di Muccino, stoviglie color nostalgia e vite convenzionali. “Sognavo di avere una vita straordinaria, diversa da quella che non hanno tutti”», racconta Marie, «e piangeva davanti alle pubblicità simil Vigorsol, effetti inconsueti di una gomma da masticare».

Argomenti simili sono spesso utilizzati per condannare le tecniche di procreazione artificiale nel (tentativo di) dimostrare l’esistenza infelice dei figli artificiali, come se nascere in seguito a procreazione artificiale fosse una condizione sufficiente a determinare una esistenza disgraziata. Dimenticando che non sarebbe difficile enumerare casi di famiglie normali, padre madre e figli, che potrebbero contraddire e smentire l’ingenua attribuzione di effetti indesiderati al dissolvimento e ai cambiamenti che la famiglia tradizionale ha subito.
Molte foto ritraggono Joseph Goebbels circondato dai suoi figli: chi oserebbe giudicare migliore la famiglia Goebbels rispetto alle tante famiglie che non rispettano i canoni formali di un assetto che in un certo periodo ha predominato? Nei secoli passati, infatti, sono stati molteplici e diversi i modelli familiari. Così come esistono oggi modelli familiari differenti in culture differenti. La cosiddetta famiglia tradizionale si mostra per quello che è: un modello storicamente determinato e soprattutto non necessariamente superiore agli altri modelli possibili. Per condannare il ricorso alle tecniche di procreazione artificiale (intese come sconvolgimento dei canoni familiari) o gli altri assetti familiari (famiglie ricomposte o monogenitoriali) non è sufficiente invocare il fantasma della corruzione della famiglia tradizionale.

L’inefficace attacco alle tecniche riproduttive non è un caso isolato, perché i cattivi argomenti sono spesso presenti nei dibattiti bioetici in generale. Irrazionalità, emozioni, pareri personali sono i protagonisti illegittimi e fallaci delle controversie bioetiche, e arrivano addirittura a costituire le fondamenta di testi normativi: il caso più emblematico è rappresentato dalla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita.
Non significa estromettere la soggettività o le credenze personali, ma dare loro il giusto spazio.

Se ogni posizione bioetica include i punti di vista soggettivi e personali, l’obiettivo cui ogni posizione bioetica dovrebbe tendere è quello di offrire una spiegazione razionalmente fondata, in quanto “i criteri della razionalità, come i criteri della verità, sono infatti universalmente validi per tutti gli individui e tutte le culture”. (Nota 1)

La bioetica è una disciplina in cui ogni voce può legittimamente rivendicare di essere ascoltata: il filosofo, il giurista, il medico, il biologo, a condizione che non sia la proposizione di un parere soggettivo privo di argomenti a sostegno. Nonostante questa complessità sinfonica, ogni decisione bioetica è una decisione morale.
Le decisioni morali sono decisioni che non possono essere affidate a argomenti di tipo fattuale, e il disaccordo morale non trova una soluzione nella verifica della verità: enunciati come ‘y è moralmente inammissibile’ non possono essere dimostrati attraverso la verifica di fatti empirici, diversamente dagli enunciati del tipo ‘x è giallo oppure ‘y è dietro a quella porta’. In questo caso dispongo di strumenti per accertare se l’enunciato corrisponde a verità oppure no. Una posizione morale, invece, può essere ben sostenuta ma non può mai essere vera.

Dirimere una questione morale rimanda a questioni di valore, e pertanto tutte le informazioni relative a x sono necessarie ma non sufficienti per sostenere una posizione. Gli strumenti per sciogliere un dilemma morale (bioetico) sono costituiti da buone argomentazioni razionali per sostenere x, o per criticare x (o y o z).

È bene sottolineare fin d’ora che qualunque teoria della razionalità non può (e non deve) fornire soluzioni precostituite da applicare a ciascuna situazione specifica. Non può fornire un passepartout per prendere le giuste decisioni, bensì si limita ad esplicitare le caratteristiche strutturali del prendere decisioni razionali. E le buone argomentazioni saranno convincenti o inefficaci, mai evidenti e necessarie: “La natura stessa dell’argomentazione e della deliberazione s’oppone alla necessità e all’evidenza, perché non si delibera dove la soluzione è necessaria, né s’argomenta contro l’evidenza”. (Nota 2)

L’impossibilità di raggiungere la verità non esclude la possibilità di giudicare una bioetica migliore di un’altra. O meglio, la possibilità di giudicare un argomento migliore di un altro sulle questioni bioetiche. La democrazia funziona (o meglio, è giusta) nelle riunioni di condominio in cui ogni condomino ha il pieno diritto di parola e il suo diritto (anche se dice sciocchezze) ha lo stesso valore del diritto degli altri.
Nella scienza non funziona.
Nel dominio della bioetica possiamo sperare di imitare quanto avviene nella scienza: essere inclini a vagliare i pareri offerti, a saggiarne la tenuta e analizzarne le implicazioni. A evitare i pareri soggettivi ‘perché sì’ o ‘l’ha detto il Papa’.
La sfida è quella di costruire percorsi coerenti e che partano da premesse il più condivisibili possibile.

In questa cornice, non credo che esista una bioetica laica e una bioetica cattolica. Una bioetica liberale e una conservatrice. Almeno non sono queste le categorie rilevanti. Esiste una bioetica sostenuta da valide ragioni. Punto. Sono le valide ragioni che devono essere confrontate. I risultati delle scelte morali proposte, le conseguenze delle azioni, le gerarchie dei valori.

La ragione accomuna gli uomini.
Partiamo da questo terreno comune.

Gli argomenti sono numerosi: eutanasia, interruzione volontaria di gravidanza, accanimento terapeutico, tecniche di procreazione assistita, trapianti d’organi, eugenetica, manipolazione genetica, organismi geneticamente modificati, maternità surrogata e trasferimento nucleare.
Il modo di analizzarli è sempre lo stesso: individuare le ragioni per sostenere una condanna o una assoluzione. E mirando più a sollevare domande che a fornire risposte precostituite e mascherate da soluzioni valide e universali.

Note:

  1. John Searle, 2001, Rationality in Action, Cambridge, MIT Press; trad. it. La Razionalità dell’Azione, Milano, Cortina, 2003, p. XV.
  2. Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, 1958, Traité de l’Argumentation. La Nouvelle Rhétorique, Paris, Presses Universitaires de France; trad. it. Trattato dell’Argomentazione. La Nuova Retorica, Torino, Einaudi, 1966, p. 3.
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